La verità sul grano Creso e il legame con l'aumento della celiachia e delle intolleranze al grano

In pochi sanno che gran parte della produzione mondiale di frumento si basa su una varietà chiamata Creso, un grano duro che ha rivoluzionato il settore agricolo italiano ed europeo.

La storia del grano Creso

Il grano Creso è nato nel 1974 nei laboratori del Centro della Casaccia di Roma, parte del complesso dell’ENEA (Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente). Si tratta di un incrocio tra una varietà messicana e la varietà italiana Senatore Cappelli, la quale è stata preventivamente sottoposta a bombardamenti con raggi X per indurre mutazioni genetiche utili alla coltivazione.

Negli anni precedenti, l’uso massiccio di fertilizzanti chimici aveva indebolito i fusti del grano, rendendoli suscettibili al fenomeno dell’allettamento: le piante, infatti, tendevano a piegarsi a terra a causa di vento o pioggia, anche in caso di perturbazioni di bassa intensità.

Per risolvere questo problema, si è lavorato per “nanizzare” il frumento, riducendo l’altezza delle piante e migliorandone la resistenza agli agenti atmosferici. Il risultato è stato un frumento che non solo resiste meglio alle intemperie, ma offre anche una produzione quasi doppia rispetto alle varietà tradizionali, mostrando una maggiore resistenza alle malattie.

Celiachia in aumento: di chi è la colpa?

Negli ultimi decenni, i casi di celiachia in Italia sono aumentati in modo esponenziale. Se fino a qualche anno fa si registrava un caso ogni 1.000/2.000 persone, oggi il rapporto è di 1 caso ogni 100/150 persone, secondo Adriano Pucci, presidente dell’AIC (Associazione Italiana Celiachia).

Questa patologia autoimmune, che potrebbe perdere presto l’etichetta di "rara", comporta complicazioni serie se non trattata, causando infiammazioni croniche all’intestino e problemi di malassorbimento.

Ma cosa ha causato questo aumento così marcato?

Il ruolo del grano modificato

Negli ultimi anni, diversi studiosi hanno ipotizzato che il frumento geneticamente modificato possa avere un ruolo chiave nell’esplosione dei casi di celiachia. Tra questi, il prof. Luciano Pecchiai, primario emerito dell’Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi” di Milano, esperto in alimentazione e medicina naturale, è stato uno dei primi a suggerire un collegamento diretto tra le modificazioni genetiche del grano e l’intolleranza al glutine.

Secondo Pecchiai, il problema risiederebbe nella proteina del glutine chiamata gliadina, alterata geneticamente per migliorare la resa del frumento. Durante la digestione, la gliadina produce una sostanza nota come frazione III di Frazer, la quale è responsabile dell’infiammazione cronica che caratterizza l’intestino delle persone celiache.

Il professore ha sottolineato:

"È fondamentale dimostrare scientificamente se la composizione aminoacida della gliadina nel frumento nanizzato differisca da quella del frumento originario. Se questa differenza venisse provata, sarebbe imperativo abbandonare la produzione di queste varietà prima che le future generazioni diventino tutte intolleranti al glutine".

Il consiglio del prof. Pecchiai: ritornare ai grani antichi

Il professor Pecchiai suggerisce alle persone affette da celiachia o intolleranza al frumento di consumare varietà di grani antichi, che non sono stati sottoposti a modificazioni genetiche e risultano più digeribili e meno infiammatori per l’intestino.

Tra i grani antichi consigliati spiccano:

  • Farro monococco (o piccolo farro): uno dei cereali più antichi, con un basso contenuto di glutine.
  • Grano Senatore Cappelli: ricco di nutrienti e altamente digeribile, è il grano italiano per eccellenza.
  • Kamut (grano Khorasan): un grano di origine egiziana, ricco di minerali e con un glutine più facilmente assimilabile.
  • Timilia (o Tumminia): un’antica varietà siciliana, ideale per chi cerca farine meno raffinate.
  • Perciasacchi: altro grano siciliano, noto per le sue proprietà nutritive e per l’assenza di manipolazioni genetiche.

Secondo Pecchiai, il ritorno a queste varietà non solo ridurrebbe l’incidenza di intolleranze, ma contribuirebbe a preservare la biodiversità agricola e la salute generale.

"La salute delle persone dovrebbe venire prima di qualsiasi interesse economico. Tornare ai grani antichi significa preservare il nostro benessere e quello delle future generazioni", afferma il professore.

Un appello contro i grani moderni

Il prof. Pecchiai ha lanciato un monito importante: fermare la diffusione del grano Creso e di altre varietà modificate, ritornando a una coltivazione sostenibile basata sui grani antichi. Questi, sebbene meno produttivi, sono più sicuri per la salute e rispettosi della nostra eredità agricola.

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